RECENSIONE "SANGUE E LATTE" DI EUGENIO DI DONATO

 RECENSIONE LIBRO "SANGUE E LATTE" 

DI EUGENIO DI DONATO

Autore: Eugenio Di Donato
Casa Editrice: El Doctor Sax
Anno: 2020




"Sangue e latte" non è un libro da cui aspettarsi fiabe, favole o storie di passione; non è nemmeno un libro frutto della fantasia dello scrittore, non troverete personaggi immersi in un mondo parallelo ed inventato, non troverete boschi incantati e castelli fiabeschi ospitanti principesse e regine; non ci saranno neppure serial killer da scovare attraverso le indagini di ispettori ed investigatori strampalati.
Sarà la vita nella sua accezione più semplice, più vera e più umana la protagonista astratta di questa storia.

"Sono cresciuto facendo quello che si doveva fare, avviluppato nell'intreccio di devozione, dignità, sacrificio, orgoglio e del senso di famiglia ereditato dai nonni."

Ho appena riportato una delle tante riflessioni di Ludovico Travagli, un ingegnere che ha lasciato il suo lavoro remunerativo e qualificato per abbandonarsi totalmente all'arte della scrittura, perché credo che questa in particolare regali un'immagine lampante di "normalità" negli anni '80.
In quei periodi il mondo veniva classificato soprattutto in professioni e mestieri, difficilmente si dava importanza alle persone contenute all'interno dell'involucro apparente. Gli uomini più importanti e rispettabili erano ovviamente in giacca e cravatta, il loro valore assolutamente indiscutibile era il diploma di laurea (dottori, avvocati, ministri, notai, ingegneri...)
Le famiglie povere e contadine, come quelle di Ludovico, non potevano permettersi del tempo libero, la loro testa era sempre occupata dal dovere familiare, nessuno si fermava mai a pensare alla propria felicità. La vita era fatta solo ed esclusivamente di questo, non esistevano altre tipologie di pensiero ammissibili se non quelle legate al "necessario per vivere". 
I nonni di Ludovico incarnavano un mondo capace di andare avanti a forza di "fatiche", ma che non riusciva a discostarsi da quella strada rettilinea tramandata dalle generazioni precedenti.

Quando Ludovico aveva sette anni, in seguito ad una serie di liti domestiche a cadenza ormai quotidiana, suo padre abbandonò definitivamente la famiglia lasciando la moglie ed i suoceri ad occuparsi totalmente del figlio ancora piccolo.
"In quel paesino abruzzese dove vivevano, chiunque avesse un po' di cervello e di orgoglio desiderava che i propri rampolli diventassero Dottori. 
Dottore non era un concetto astratto, bensì il mondo degli uomini che contavano, che decidevano e che sapevano parlare"
Ed è proprio quello a cui andò incontro Ludovico, spinto e forse un po' costretto dalla madre e dai nonni materni che speravano in una vita più dignitosa per lui, ma senza dare troppo peso al suo volere più intimo.

Viene quindi catapultato in città, una realtà completamente diversa dal paesino di origine, una realtà che lascia spazio solamente al suo iter professionale.
Il suo fidanzamento con Agata, a cui è legato da tredici anni, diventa un rapporto privo di comunicazione, freddo e quasi amorfo, senza sentimento.
La sua vita è ormai veicolata dall'autoaffermazione lavorativa senza lasciare spazio all'amore, una specie di debolezza per cui non può più perdere del tempo.

Quest'immagine di vita, però, arriverà ad un punto culmine dove dovrà completamente stravolgersi e rinnovarsi, altrimenti non avrà più possibilità di proseguire senza creare ulteriori danni e traumi.

"Cinque anni fa è morto nostro figlio. Nato morto recita il referto dell'ospedale. In basso a destra, in grafia leggibile, come richiesto, la firma del padre. La mia."
Il romanzo inizia proprio con queste parole che arrivano dritte al cuore. Vi lascio in questo modo la curiosità di sapere cosa sia realmente successo.

Ludovico, attraverso la mano dell'autore, accompagna il lettore in un viaggio intertemporale, dall'infanzia all'età adulta; un viaggio caratterizzato da  traumi infantili, insicurezze, cadute, disgrazie, amori spenti, ma anche presa di consapevolezza dei propri punti di forza per riuscire a svoltare le situazioni di stallo e liberarsi da quella morsa di dolore che non lo lascia stare.
Grazie all'aiuto di uno psicoterapeuta e di una persona speciale riuscirà a scardinare questo meccanismo di autodistruzione.

"Ho allentato il morso del non detto. Ho raccontato il silenzio che faceva male e l'ho trasformato in dialogo". 

E' un libro che fa riflettere sulle piccole cose della nostra esistenza,  sull'importanza dei rapporti umani e quindi del relativo dialogo,  ma anche sul valore dei momenti più bui. 
Solo quando ti perdi, infatti, capisci quale sia la strada da seguire e non è forte chi non cade, ma chi cadendo trova la forza di rialzarsi.

Ringrazio Eugenio Di Donato per la copia del suo bellissimo libro che consiglio vivamente a tutti.

Questo libro è stato tradotto anche in spagnolo "Sangre y Leche". Disponibili entrambe le versioni su amazon.